Pagine

martedì 27 gennaio 2015

Omocausto


Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell'Armata Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz e ne liberarono i superstiti. Questa data è stata presa come riferimento per commemorare le vittime dell'Olocausto, che secondo gli storici sarebbero oltre i 15 milioni. L'etnia più colpita è sicuramente quella degli ebrei (circa 6 milioni), ma a trovare la morte nei campi di concentramento furono anche i Rom e i Sinti, i disabili e i malati di mente, gli oppositori e dissidenti politici e religiosi, i prigionieri di guerra e i civili sovietici, i polacchi, gli slavi e gli omosessuali. Lo sterminio di questi ultimi è chiamato Omocausto.

La persecuzione degli omosessuali da parte del regime nazista ebbe inizio nel 1933, con la chiusura dei club e delle associazioni gay e lesbiche esistenti nella fino ad allora liberale Berlino. Nel '34, dopo la Notte dei lunghi coltelli e l'uccisione del comandante delle SA Ernst Röhm, dichiaratamente omosessuale, il neo Cancelliere Hitler usò l'omosessualità di quest'ultimo come pretesto per dichiarare gli omosessuali "nemici dello stato", in quanto rappresentavano una minaccia alla capacità demografica della Germania e sminuivano e offendevano la virilità della razza ariana. Per tanto li incluse tra coloro che dovevano essere inviati nei campi di concentramento. Più tardi, nel '36, Himmler creò l'Ufficio centrale del Reich per la lotta all'omosessualità e all'aborto, e sulle basi del paragrafo 175 (legge che condannava qualunque "atto osceno" omosessuale, perfino le fantasie omoerotiche) fece arrestare dalla Gestapo più di 100 mila sospettati omosessuali. Quelli condannati alla carcerazione furono più di 50 mila, che scontarono una pena dai 5 ai 10 anni; i meno fortunati, circa 15 mila, furono spediti nei lager (molti senza un processo), dove vennero contrassegnati con un triangolo rosa, colore scelto con chiaro intento spregiativo.


All'interno dei lager gli omosessuali svolgevano i lavori più ripugnanti (svuotamento delle lattrine) e quelli più pesanti (lavoro nelle cave). I trattamenti al quale erano sottoposti erano estremamente crudeli: alcuni morirono in seguito a prolungate bastonate, inflitte sia dalle guardie delle SS sia dagli altri prigionieri che a loro volta disprezzavano l'omosessualità; spesso venivano stuprati dai compagni di baracca, e alcune testimonianze raccontano di gay seviziati con un bastone scheggiato, poi morti in seguito a emorragie interne; a molti fu imposta la castrazione, e altri vennero usati come cavie per gli esperimenti scientifici attuati dai medici delle SS.

Himmler credeva fermamente che l'omosessualità fosse una malattia dal quale si poteva guarire, e incaricò l'endocrinologo danese Karl Vernaet di trovare la cura. La soluzione per "guarire" consisteva in tre passaggi: castrazione, innesto di un glande artificiale e immissione di un ormone maschile sotto l’inguine o sotto la pelle dell’addome. Ma tutti i "pazienti" sottoposti all'operazione morirono a causa dell'eccesso di ormoni iniettati. Sconfortato dall'esperimento fallito, nel '43 Himmler dispose il rilascio dal Lager di ogni omosessuale che si fosse fatto castrare e che avesse tenuto una buona condotta. Pur di essere liberati, la maggioranza degli omosessuali presente nei campi si sottopose alla castrazione volontaria. Dopo l'intervento, però, questi vennero inseriti in reparti di disciplina ed inviati a combattere in prima linea.

Non si conosce il numero esatto degli omosessuali morti nei campi di concentramento, questo perché coloro che portavano il triangolo rosa erano solo gay tedeschi, pertanto non furono contati quelli appartenenti alle altre categorie, quali gli ebrei, gli zingari, i polacchi, i dissidenti politici ecc... Sommando tutte le categorie, si stima che le vittime furono quasi 600 mila.

Dopo la caduta del nazismo, i gay sopravvissuti ricevettero un ulteriore umiliazione non venendo liberati. L'omosessualità era ancora un crimine, pertanto a loro non spettavano né riconoscimenti né indennizzi dal governo tedesco, e finirono di scontare la loro pena nelle carceri.

Nel 2002 il governo tedesco si è scusato ufficialmente con la comunità gay per quanto avvenuto durante il periodo nazista.
Ad oggi, molte tra le più importanti città del mondo hanno eretto monumenti e posto targhe per ricordare le migliaia di omosessuali che furono trucidati e perseguitati durante l'Olocausto.


giovedì 22 gennaio 2015

Vicious


La prima cosa che va detta di Vicious è che è una sitcom britannica. Quando sento parlare di sitcom penso subito a quelle orrende risate registrate che si sentono di sottofondo non appena un personaggio fa una battuta divertente. E magari non fa neanche ridere. Con Vicious non si corre questo rischio, avendo come ingrediente principale il british humor è praticamente impossibile guardarla senza lasciarsi sfuggire una risata di tanto in tanto.


Scritta da Gary Janetti (Family Guy, Will & Grace), la serie è interpretata da Ian McKellen (famoso per il ruolo di Gandalf nel Il signore degli anelli e Lo Hobbit, e per il ruolo di Magneto nella trilogia di X-Men), Derek Jacobi, Frances de la Tour (riconosciuta al grande pubblico per la sua parte in Harry Potter e il calice di fuoco nei panni di Olympe Maxime), e Iwan Rheon (il Simon di Misfits e il Ramsay Snow di Game of Thrones).


Freddie (Ian McKellen) e Stuart (Derek Jacobi) sono lo stereotipo dell'uomo inglese vecchio stampo: accento posh, lingua pungente e tè dipendente. Da 48 anni convivono come coppia in un elegantissimo e datato appartamento di Covent Garden. Freddie è un attore senza successo e Stuart è un ex barman che dopo quasi 50 anni non ha ancora il coraggio di dire a sua madre che è omosessuale. Oltre ad insultarsi e a prendersi in giro a vicenda, i due passano le giornate ad intrattenere i loro ospiti. A fargli spesso visita sono: Ash (Iwan Rheon), l'attraente ed etero vicino di casa 22enne; Violet (Frances de la Tour) confidente e vecchia amica che nonostante l'età ha ancora forti appetiti sessuali; Penelope, simpatica vecchietta con problemi di udito e memoria; e Mason, un signore con uno humor quasi più velenoso dei padroni di casa. Una menzione speciale va a Balthazar, il cane di 20 anni a cui devono dare continuamente una scrollatina per svegliarlo dal suo stato moribondo.


Lo stile con cui è girato Vicious è prettamente teatrale. Quasi tutte le scene si svolgono nel salotto dei protagonisti e quella iniziale segue uno schema fisso ad ogni puntata. Nel dettaglio, ogni episodio comincia più o meno così: Stuart è al telefono con la madre, in qualche modo la liquida. Freddie, dal piano superiore, scende le scale esortando cattiverie contro la madre di Stuart e su Stuart stesso. Scambio di malignità fra Freddie e Stuart. Si siedono sul divano a prendere il tè. Suona il campanello, Stuart va ad aprire, è la loro amica Violet. Cercano di buttarla fuori, ma lei si accomoda e annuncia le ultime novità. Risuona il campanello, Stuart va ad aprire, è il nuovo e giovane vicino Ash. Stuart gli chiede se si ricorda della loro amica Violet. Violet molesta sessualmente Ash. Ash si mostra a disagio e poi espone il suo problema a Freddie e Stuart per chiedere un loro consiglio. Freddie e Stuart invece di aiutarlo, beffeggiano la situazione, poi si insultano e si prendono in giro a vicenda... Può sembrare uno schema noioso e ripetitivo, ma la diversità e l'ilarità dei dialoghi rendono questa serie mai banale e sempre divertente. Un altro piccolo gioiellino della TV inglese!


A single man


Che senso ha continuare a vivere quando la persona che abbiamo amato per anni non c'è più? Questo interrogativo è il perno centrale della trama di A single man, che racconta l'ultimo giorno di vita di George Falconer (Colin Firth), un docente universitario inglese di 52 anni, che dopo 8 mesi dalla morte del suo compagno Jim (Matthew Goode), con il quale conviveva da 16 anni, non sopporta più il dolore di vivere senza di lui e medita il suicidio.


Siamo a Los Angeles, nel 1962, ed è appena scoppiata la crisi dei missili di Cuba. George si alza quella mattina con un obiettivo ben preciso: quel giorno stesso si toglierà la vita. Ha già preparato tutto, ha scritto le lettere d'addio, ha preparato il vestito con il quale vuole essere seppellito (specificando che la cravatta deve essere annodata con un nodo Windor), ha lasciato la busta con la paga della domestica sul tavolo. La pistola ce l'ha, i proiettili, appena comprati, pure. Prima di tutto questo, però, si è recato all'università per tenere la sua ultima lezione, la migliore che abbia mai tenuto secondo il suo studente Kenny (Nicholas Hoult), che fa intendere al suo professore che fra loro c'è una profonda affinità. A flirtare con lui sarà anche Carlos (Jon Kortajarena), un prostituto spagnolo con il fascino alla James Dean (meglio di James Dean, come dichiara lo stesso George) che incontra casualmente all'uscita di un drugstore. George lo paga pur non accettando le sue prestazioni. A cena si confronta con la sua amica Charlotte (Julianne Moore), che come lui teme il futuro e si crogiola nei bei momenti del passato. Lei riporta alla mente il periodo in cui erano giovani e avevano una relazione. Propone a George di ritornare insieme, ma lui la respinge. Prima di tornare a casa e puntarsi una pistola contro, George si ferma nel bar in cui conobbe Jim. Qui incontra Kenny, che si trova lì non per caso, e insieme vanno a nuotare nudi nell'oceano. George ha un malore, non il primo della giornata, e Kenny lo soccorre e lo riporta a casa, dove conversano, si ubriacano e poi si addormentano. Quando George si sveglia scopre che Kenny ha trovato la pistola e l'ha nascosta. Pur trovandola, George decide di non suicidarsi e brucia le lettere d'addio. Va a sedersi sul letto e lì, scherzo del destino, viene colto da un infarto. Agonizzante sul pavimento, un attimo prima di morire vede la figura del suo amato Jim chinarsi su di lui e baciarlo.




Questo magnifico e toccante film è tratto dal romanzo Un uomo solo di Christopher Isherwood, che nel 1964, dopo aver scioccato i lettori raccontando la storia di un professore gay inglese, divenne uno dei primi e migliori romanzi del movimento moderno di liberazione gay.
A portare questa storia sullo schermo è stato lo stilista texano Tom Ford, al suo primo esordio alla regia. Prima che uscisse nelle sale, nel 2009, le aspettative su questo film erano bassissime, e invece Ford ha stupito tutti, critica e pubblico, confezionando un lavoro minuzioso, curato e incredibilmente elegante. Il merito della riuscita del film va soprattutto agli attori, Colin Firth su tutti, che con la sua interpretazione ha vinto la Coppa Volpi alla 66ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, il premio BAFTA come miglior attore protagonista, ed ha ottenuto una nomination sia agli Oscar che ai Golden Globe.

Citazione dal film: Nella vita ho avuto momenti di assoluta chiarezza, quando per pochi, brevi secondi, il silenzio soffoca il rumore e provo un'emozione invece di pensare. E le cose sembrano così nitide e il mondo sembra così nuovo. E' come se tutto fosse appena iniziato. Non riesco a far durare questi momenti, io mi ci aggrappo, ma come tutto svaniscono. Ho vissuto una vita per quei momenti, mi riportano al presente e mi rendo conto che tutto è esattamente come deve essere... E all'improvviso, lei è arrivata. (George)


martedì 20 gennaio 2015

Cunnilingusville (Augusten Burroughs)


No, questo non è un romanzo lesbo-erotico. Di lesbiche in questo romanzo non se ne vedono. E neanche di cunnilingus. In compenso si parla di tanti gay, qualche transessuale, e molti pompini. Come in ogni opera di Augusten Burroughs, del resto.

Confesso che io adoro Augusten Burroughs. Lo adoro perché è cattivo, perfido, vendicativo, qualche volta sadico, e perciò onesto, sagace e divertente. Anche se lui si autodefinisce semplicemente come "un alcolizzato, uno scarto delle scuole, tirato su da uno psichiatra impazzito all'interno di una setta, un uomo fatto interamente di difetti tenuti insieme da buone intenzioni"... è spietato anche con se stesso, insomma.
A differenza del capolavoro Correndo con le forbici in mano, incentrato sul periodo trascorso a casa dello psichiatra di sua madre, Cunnilingusville è un insieme di racconti autobiografici dell'autore, che partono dall'infanzia fino ad arrivare all'età matura. Le storie, 27 in totale, seguono un ordine cronologico, e raccontano i più curiosi e significativi aneddoti di Burroughs, tra i quali i più degni di nota sono quello dove ci svela come ha avuto un diploma di modello, quello in cui parla delle sue esperienze sessuali con un becchino e ben tre preti, e quello dove racconta l'esilarante e brutta esperienza avuta con Debby, la donna delle pulizie.


Best quotes:
Non è che volessi diventare una femmina. Desideravo semplicemente imprimere un netto cambiamento alla mia vita. I miei genitori si odiavano, e io odiavo loro. Avrei voluto che morissero in un incidente d'auto perché un assistente sociale in uniforme mi portasse via e mi mandasse a vivere in un apposito centro nei pressi di una qualche città importante.

Debby doveva morire. Come prima cosa, i suoi nipoti dovevano rimanere uccisi in uno spettacolare incidente stradale, dopodiché lei doveva finire sotto l'autobus dell'Ottava Avenue.

Io i gay spirituali non li tollero. Mi risultano più fastidiosi del caffè aromatizzato. Quando un gay si definisce spirituale significa semplicemente che ha uno yin/yang tatuato sul culo, culo peraltro quasi per certo depilato mediante elettrocoagulazione.

Gli etero sono i finocchi di una volta. E i finocchi di ora sono più simili agli etero di prima. Oggi i finocchi sono tutti palestra e fuoristrada, mentre gli etero si sono dati ai sentimenti e alle infradito.

Ora i gay possono adottare un bambino, la nuova moda gay di Manhattan è fare i genitori. Solo dieci anni fa era qualcosa di inaudito.  [...Generalmente i gay non sono cattivi genitori: sono ottimi genitori. Perché, a differenza degli eterosessuali, i gay non possono avere figli accidentalmente. Solo tramite avvocato. Io sarei un genitore discutibile non perché sono gay, ma perché sono stato cresciuto da squilibrati. Perciò, forse, vedere gay con figli non è segno di una moda. Forse è segno di progresso.


lunedì 19 gennaio 2015

Una casa alla fine del mondo


Anni '70, Cleveland. Bobby (Colin Farrell), rimasto senza famiglia, e Jonathan (Dallas Roberts) sono due giovani liceali che crescono insieme passando le giornate ad ascoltare dischi, a fumare uno spinello dopo l'altro, e trastullandosi a vicenda. Questa profonda e intensa amicizia, interrotta negli anni del college, continua a New York negli anni '80, dove spunta Clare (Robin Wright Penn), la stravagante coinquilina di Jonathan. Il ménage a trois non tarda ad arrivare, mettendo a dura prova amicizie, amori e legami familiari.




Rispetto all'omonimo romanzo dal quale è tratto, la trasposizione cinematografica perde qualcosa: i personaggi principali non sono ben definiti, altri (come la mamma di Jon) assumono un ruolo secondario e poco rilevante. Il modo in cui viene raccontata la trama risulta meno profonda e più leggera di quanto faccia Cunningham nel libro. Nonostante ciò, il lavoro del regista Michael Mayer non è da buttare, la pellicola scorre veloce e si fa guardare. L'interpretazione migliore è forse quella di Dallas Roberts nei panni di Jonathan.


Personalmente ritengo che i minuti più belli del film siano i primi dieci, quelli, cioè, ambientati nel '67, dove si vede un Bobby di 9 anni iniziato alla droga e al sesso dal fratello maggiore, il personaggio migliore di questa storia che purtroppo sparisce dalle scene troppo presto.


giovedì 15 gennaio 2015

Una casa alla fine del mondo (romanzo)


Scritto nel 1990 dallo scrittore statunitense premio Pulitzer Michael Cunningham, Una casa alla fine del mondo è un romanzo di formazione che narra le vite di Bobby e Jonathan.

La prima parte del romanzo è ambientata a Cleveland nei primi anni '70. Bobby Morrow è un ragazzino eccentrico, non troppo sveglio, che qualche anno prima ha perso tragicamente il fratello a cui era molto legato e da poco è anche orfano di madre. Jonathan Glover è brillante, ama inventarsi continuamente delle storie e cerca di allentare il rapporto affettivo che lo lega con la madre Alice, che pretende di essere la sua migliore amica. A far scoccare l'attrazione fra i due è proprio la loro diversità e il desiderio reciproco di essere l'altro: Jonathan cerca di imitare in tutti i modi l'amico, indossa i vestiti di Bobby, si fa di spinelli come lui e ascolta la sua stessa musica; Bobby, al contrario, è in cerca di quell'ambiente familiare del quale è stato privato, e comincia ad essere come un secondo figlio per Alice. Giorno dopo giorno i due ragazzi diventano sempre più inseparabili, iniziano anche una relazione sessuale che finisce quando vengono scoperti dalla madre di Jon. In seguito Jon lascia Cleveland per New York, dove inizia l'università, e Bobby si trasferisce dai Glover quando l'ultimo della sua famiglia, il padre, muore.

Dopo diversi anni anche Bobby lascia il Midd-West per trasferirsi a New York. Là si ricongiunge con Jon, che nel frattempo vive con la sua migliore e stravagante amica Clare. Pur essendo Jon apertamente omosessuale, lui e Clare si comportano come se fossero una vecchia coppia sposata e progettano di avere un figlio insieme. Sono gli anni '80, l'AIDS sembra essere la punizione divina scagliata contro i gay, e mentre Jon è terrorizzato all'idea di essere infetto, Bobby e Clare iniziano una relazione. Quando Jon lo viene a sapere sulle prime non ne è affatto felice, capisce di essere innamorato di entrambi e si sente tradito. Ma quando Clare rimane incinta, i tre decidono di lasciare New York per trasferirsi a Woodstock e di crescere insieme il futuro nascituro come un'anormale e felice famiglia.

Nell'ultima parte del romanzo Clare comprende quanto può essere fuorviante per la piccola Rebecca vivere in una famiglia composta da una stramba madre quarantenne e due padri, di cui uno iperemotivo e l'altro omosessuale. Sopraffatta da questo timore abbandona Bobby e Jon, lasciandoli nella casa di campagna nella quale vivevano da ormai due anni, e scappa con sua figlia a Washington.

Il romanzo è scritto in prima persona, con il narratore che cambia ad ogni capitolo. I principali narratori sono i personaggi di Bobby e Jonathan, ma diversi capitoli sono narrati da Alice e Clare.

Dal romanzo è stato tratto l'omonimo film diretto da Michael Mayer ed interpretato da Colin Farrell, Dallas Roberts e Robin Wright Penn.

venerdì 9 gennaio 2015

La Russia vieta la patente di guida a transessuali e travestiti


A quanta pare in Russia ci sono più incidenti autostradali che nel resto d'Europa. Come risolvere questo problema?, si è chiesto il governo. L'unica soluzione trovata è stata quella di  emanare una serie di norme discriminatorie che vanno contro la violazione dei diritti umani. Il premier Dmitri Medvevdev, infatti, ha messo la sua firma sul nuovo codice della strada, approvato in dicembre e messo in vigore in questi giorni, che prevede un elenco di persone inadatte alla guida, ossia: persone con amputazioni e gravi problemi alla vista, persone alte meno di 1,50 metri, e persone affette da malattie mentali reali e percepite. Tra questi ultimi rientrano tutti coloro che soffrono di disordini di identità di genere, ovvero i transessuali e i travestiti. Ma chi rischia la patente sono anche i sadomasochisti, i guardoni, i giocatori patologici e i cleptomani. Insomma, se siete in Russia state attenti ad acquistare (o addirittura rubare) un dildo o qualsiasi altro oggetto che stimola l'eccitazione sessuale, pena la revoca della patente.

martedì 6 gennaio 2015

Angels in America


Angels in America non è un film, né una mini-serie, è un'OPERA. E non intendo opera nel senso di opera teatrale, anche se è proprio un adattamento di un lavoro teatrale, ma nel senso di CAPOLAVORO, di quelli veri che ti fanno emozionare da quanto sono belli.
Grazie a progetti come questi, HBO si è guadagnata la fama di emittente televisiva di qualità. A rendere grandioso Angels in America, oltre che la trama ideata da Tony Kushner, sono la stupenda regia firmata Mike Nichols (regista de "Il laureato") e lo straordinario cast di attori formato da Al Pacino, Meryl Streep, Emma Thompson, Justin Kirk e Mary-Louise Parker (questi ultimi due resi noti dall'epica serie "Weeds").
Girato nel 2003, è ambientato nella metà degli anni 80 a New York, e tratta principalmente di fanatismo politico e ideologico, della condizione degli omosessuali sotto la presidenza di Reagan e il diffondersi dell'AIDS, di conflitti interiori causati dalla morale e da una rigida educazione religiosa, ma anche di tradimento, abbandono e menzogne.
L'opera ha una durata di sei ore ed è divisa in due parti (a loro volta divisi in tre capitoli). La prima parte è intitolata Si avvicina il millennio ed è incentrata sulla diagnosi, sia fisica che emotiva. La seconda parte si chiama Perestroika, e si focalizza sulla guarigione.

"Cosa dicono le sacre scritture di una persona che abbandona la persona che ama nel momento del bisogno?" chiede Louis al rabbino. "Chi mai lo farebbe e perché?" domanda con stupore il rabbino. "Non può evitarlo" risponde Louis, "Forse questa persona non riesce ad accettare la malattia, per lui non rientra nell'ordine naturale degli eventi. Oppure vomito, ulcere e sangue lo terrorizzano. Forse ha paura della morte." E per il suo compagno Prior, che ha contratto l'AIDS, la morte si sta avvicinando. Louis proprio non ce la fa ad assisterlo, a stargli vicino e a prendersi cura di lui. Lo ama, ma la malattia e la morte lo ripugnano e lo spaventano, vincono sull'amore, perciò lo abbandona.

I mormoni non accettano omosessuali nella loro Chiesa, e Joe, fedele praticante e repubblicano convinto, prega Dio ogni giorno per riuscire a trovare il desiderio di fare sesso con sua moglie Harper, che depressa si imbottisce di valium e si rifugia nelle sue allucinazioni.

Roy Cohn (personaggio realmente esistito) è un potente avvocato; con una chiamata può elevarti o distruggerti. A distruggere lui, invece, è la sindrome di immunodeficienza acquisita che spaccia per cancro al fegato, arrivando addirittura a negare la sua omosessualità definendosi un eterosessuale che si fotte i ragazzi.

Prior crede di essere pazzo. Il virus lo sta uccidendo velocemente, ma a preoccuparlo maggiormente sono le visioni e le apparizioni dei suoi antenati fantasma e quella di un'angelo che affermano che egli sia un profeta.

Una delle migliori citazioni è di Belize, l'infermiere amico di Prior ed ex drag queen, viene pronunciata a Bethesda Terrace, con la statua dell'Angelo delle acque a fargli da sfondo, e dice: Io odio l'America, Louis. Odio questo Paese. E' solo un ammasso di grandi idee, e di storie, e di persone che muoiono, e poi di gente come te. Il bianco che ha scritto l'inno nazionale ha messo la parola libero su una nota così alta perché nessuno ci arrivasse. Lo ha fatto di proposito. Non c'è niente qui che somigli anche vagamente alla libertà. Vieni con me in ospedale, nella stanza 1013, e ti mostrerò l'America. Un malato terminale pazzo. Io vivo in America, Louis. Non devo amarla. Tu lo fai. Dobbiamo tutti amare qualcosa.


venerdì 2 gennaio 2015

Please Like Me


Josh sta discutendo, mentre aspetta la coppa di gelato di 19 dollari che ha ordinato, di quanto sia ossessionato dalla sua orribile faccia - "Il fatto è che compirò 21 anni a breve, e la mia faccia non sarà mai meglio di così. Questo è il massimo. D'ora in avanti non può che peggiorare"-, quando Claire, la sua ragazza, lo interrompe per dirgli che lo lascia - "Stiamo andando alla deriva. Inoltre sei gay". Inizia in questo modo una delle serie televisive più geniali e divertenti con protagonista un ragazzo gay. Il problema è che Josh rifiuta il suo orientamento sessuale e inizia ad accettarlo solo quando il bellissimo Geoffrey, collega del suo miglior amico e coinquilino, si autoinvita a dormire nel suo letto e comincia a baciarlo e a spogliarlo... purtroppo non andranno oltre perché a Josh comincia a sanguinare il neo sopra al labbro, che si era tagliato, per sbaglio, quella stessa mattina. Sono queste scene imbarazzanti, impacciate, disagiate, ma incredibilmente reali a contraddistinguere Please Like Me, una serie condita con grandi dosi di humour a cui non mancano, però, i momenti drammatici. Difatti Josh non dovrà fare i conti solo con la sua recente omosessualità, ma dovrà vedersela con una madre divorziata e depressa che ha tentato il suicidio (Rose), un padre in piena crisi di mezza età e con i sensi di colpa (Alan), una zia bigotta e omofoba (Peg), e un amico incapace di lasciare la sua irritante ragazza (Tom).


Please Like Me, alla sua seconda stagione e una terza in arrivo nel 2015, ha già vinto un ADG Award per la regia e un premio all’Australian Film Institute per la categoria Best Television Comedy.


Le puntate hanno una durata di 25/27 minuti e ognuna di esse è intitolata con il nome della pietanza culinaria cucinata o mangiata da Josh in quella puntata.