Pagine

martedì 24 marzo 2015

Looking


Looking for the Future, Looking for Results, Looking for Truth, Looking for Home... sono solo alcuni dei titoli degli episodi di questa serie targata HBO. Creata da Michael Lannan, Looking racconta le vite di un piccolo gruppo di amici gay che vive a San Francisco. Patrick (Jonathan Groff) ha 29 anni, fa uno di quei lavori fighi che ogni nerd sogna, lo sviluppatore di videogiochi, ha la faccia da classico bravo ragazzo, ed è alla ricerca del partner con cui condividere il resto della sua vita (o almeno una parte della sua vita). La scelta di questo "boyfriend" sembra ricadere inizialmente sul dolce e fascinoso Richie (Raúl Castillo), un barbiere di origine messicana, ma successivamente Patrick si butta tra le braccia del suo capo Kevin (Russell Tovey), inglese e già impegnato sentimentalmente.


Augustín (Frankie J. Alvarez) è un artista, vive con Patrick all'inizio della serie, ma poi si trasferisce ad Oakland dal suo compagno Frank (O. T. Fagbenle). La tendenza alla trasgressione e la perdita del lavoro da parte di Augustín mineranno il loro rapporto fino a romperlo del tutto alla fine della prima stagione. Nella seconda stagione l'ex artista inizia a frequentare il bear Eddie (Daniel Franzese), un sieropositivo che lavora in una casa di accoglienza per giovani trans senzatetto.


Dom (Murray Bartlett) ha 40 anni e dai tempi del college vive insieme alla sua amica Doris (Lauren Weedman), un'infermiera dal carattere esuberante. Lavora come cameriere, ma il suo più grande desiderio è quello di aprire un ristorante tutto suo, e Lynn (Scott Bakula), un imprenditore sessantenne, lo aiuta a portare avanti questo progetto.


La cosa che viene apprezzata di più in Looking è la sensazione di assoluta normalità che si respira guardandola. Niente AIDS, niente omofobia, nessun figlio gay disconosciuto dai genitori e nessuna crisi d'identità sessuale. Qui, nella città più gay friendly del mondo, dove i vecchi pregiudizi sono stati banditi già parecchi anni fa, si parla soltanto di rapporti personali e professionali. La vita vera, insomma, che non ha bisogno di colpi di scena o di psicodrammi per essere interessante, ma che basta raccontarla così com'è.


Purtroppo, dopo solo due stagioni (per un totale di 18 episodi), e nonostante un discreto seguito di fan devoti, HBO annuncia il 25 marzo 2015 la cancellazione di Looking.

venerdì 20 marzo 2015

Pride


Il mito dice di non mischiare pesce e carne, troppe proteine secondo gli esperti. E la maggior parte delle persone, nel 1984, avrà pensato che neanche i gay e i minatori fossero un binomio da accostare... e invece, queste due categorie appartenenti a due mondi distanti anni luce, si sono unite per protestare contro la chiusura delle miniere, e questa storia non è frutto della mente dello sceneggiatore di Pride, Stephen Beresford, ma è un fatto realmente accaduto.


Il film si apre con il Gay Pride di Londra del 1984. Mark Ashton (Ben Schnetzer), attivista gay, distribuisce ai suoi amici gay e lesbiche dei secchi per raccogliere il denaro da inviare ai minatori, che da settimane sono in sciopero contro la chiusura delle miniere. La domanda che si pongono tutti è: perché mai i gay e le lesbiche dovrebbero sostenere i minatori? Cosa c'entrano con i diritti LGBT? Mark risponde che gay e minatori, apparentemente diversi gli uni dagli altri, hanno gli stessi nemici in comune: la polizia, la stampa di destra e Margaret Thatcher... della serie, il nemico del mio nemico è mio amico, perciò va aiutato. Con altri sei compagni crea il gruppo Lesbians and Gays Support the Miners (LGSM), e insieme danno inizio alla raccolta fondi. Rifiutati inizialmente dai sindacati, decidono di contattare direttamente i lavoratori di un paesino del Galles, che oltre ad accettare il loro aiuto li invita a Onllwyn per ringraziarli pubblicamente. Non vengono accolti a braccia aperte da tutti i cittadini, che vedono i gay e le lesbiche come una minaccia alla loro immagine, ma a poco a poco entrano nei cuori di quasi tutti gli abitanti, creando forti legami e inimmaginabili amicizie. Purtroppo la lotta è vana, dopo 52 settimane di sciopero i picchettanti ritornano a lavorare in miniera. Ma i minatori non si sono dimenticati della solidarietà dei loro più prolifici sostenitori, e in occasione del Gay Pride di Londra del 1985 sfilano in testa al corteo per i diritti LGBT.



La commedia, diretta da Matthew Warchus, è leggera, divertente e a tratti anche commovente. Racconta vari drammi legati alla comunità LGBT, come l'omofobia, la reazione negativa che alcuni genitori hanno verso il coming out del proprio figlio, e l'AIDS, che cominciava a diffondersi proprio in quegli anni. Racconta della lunga lotta e della grande dignità dei lavoratori delle miniere. Ma Pride racconta soprattutto della solidarietà e dell'altruismo delle persone, che sono capaci di andare oltre a qualsivoglia forma di pregiudizio.
Gay e minatori non possono essere ingredienti di un unico piatto? Be', lo sono, l'hanno dimostrato... come la paella mista ha dimostrato che il pesce si sposa bene anche con la carne.


lunedì 16 marzo 2015

Cucumber / Banana / Tofu


Lo sceneggiatore Russell T. Davies fu il primo a portare sul piccolo schermo una serie incentrata sull'omosessualità, Queer as Folk. Quindici anni dopo quell'azzardo, che ebbe un enorme successo, è ritornato con tre incredibili progetti a tema LGBT: Cucumber, Banana e Tofu. Titoli insoliti, che fanno sorridere i più maliziosi, ma che hanno un significato ben preciso; Davies, infatti, è stato ispirato da un articolo che lesse tempo fa:

“Una volta ho letto un articolo. Parlava di un istituto in Svizzera che studia il sesso. Hanno pubblicato questo sondaggio. Hanno passato dieci anni a studiare l’erezione maschile. E hanno stilato una scala per misurare la durezza. Dicono ci siano quattro categorie di erezione, dal più moscio al più duro. Numero uno: lo chiamavano… tofu. Il numero due: banana sbucciata. Numero tre: banana. Numero quattro: cetriolo.”  

Questa è anche la battuta d'esordio del protagonista di Cucumber, Henry Best, 46enne, assicuratore, e gay dichiarato. Nonostante la sua ossessione per il sesso, e alla convivenza quasi decennale con il compagno Lance, Henry non ha mai fatto sesso penetrativo. La sua è una fobia e un senso di vergogna che prova nell'essere un omosessuale. Nel pilot, dopo una serie di disavventure, Henry lascia Lance e si trasferisce nell'attico occupato dai ventenni Dean e Freddie.


Cucumber e Banana sono due miniserie da otto puntate ciascuno, le cui storie e i cui personaggi si intrecciano e si scambiano tra loro. Ma mentre la prima è una dramedy della durata di 45 minuti, incentrata su Henry, la seconda dura sui 20 minuti circa, e ad ogni episodio racconta la storia di un diverso personaggio appartenente alla nuova generazione LGBT di Manchester.


A Benjamin Cook, noto youtuber, è stato affidato il compito di realizzare Tofu, un documentario di otto puntate della durata di 10 minuti ciascuna, nel quale, attraverso le testimonianze di persone comuni e attori della serie, vengono analizzate le problematiche sessuali affrontante in Cucumber e Banana.


Che dire, Russell T. Davies ha decisamente fatto il botto! (di nuovo), Cucumber e Banana non sono le migliori serie del momento solo perché sono scritte e prodotte divinamente, ma anche perché sono del tutto innovative: offrono al telespettatore uno spaccato mai visto prima nel tema LGBT, come l'eiaculazione precoce in un ventenne, l'asessualità di certi omosessuali, il fenomeno del social network Grindr e il disturbo ossessivo compulsivo. E poi sono due serie assolutamente divertenti, ma anche tristi; ironiche, ma anche serie; realistiche, ma certe volte assurde; rivolte ai giovani, ma anche ai più maturi; sono etniche, ma anche molto, molto inglesi! Insomma, sono un bel melting pot!


martedì 10 marzo 2015

I ragazzi stanno bene


Nic e Jules (Annette Bening e Julianne Moore), una coppia di lesbiche di mezza età, hanno avuto rispettivamente una figlia e un figlio dallo stesso donatore di sperma. Joni (Mia Wasikowska), la figlia maggiore, ha da poco compiuto diciott'anni e su richiesta del fratello minore Laser (Josh Hutcherson) contatta la banca del seme per rintracciare il loro padre biologico, che scopriranno essere Paul (Mark Ruffalo), un ristoratore quarantenne molto cool e donnaiolo. Benché turbate dalla scelta dei figli di conoscere il loro padre, Nic e Jules decidono di far entrare Paul nelle loro vite, decisione che con il senno di poi risulterà sbagliata, poiché, seppur ben intenzionato, l'uomo andrà ad intaccare la stabilità e la serenità della loro famiglia apparentemente perfetta.


La regista e sceneggiatrice Lisa Cholodenko ha voluto dimostrare, con I ragazzi stanno bene, che le famiglie composte da genitori dello stesso sesso non sono né anormali né più speciali di quelle composte da un uomo e una donna, ma hanno esattamente gli stessi problemi, incomprensioni, difficoltà, soddisfazioni e gioie di tutte le famiglie.
I ruoli che Nic e Jules svolgono all'interno della famiglia sono ben precisi: la prima ha un lavoro prestigioso, è autoritaria, ed è quella che detta e fa rispettare le regole in casa, proprio come farebbe nell'immaginario comune un padre; la seconda è insicura, più sensibile, e il suo lavoro principale è stato quello di crescere i figli, proprio come una madre dei vecchi tempi. Paul, invece, nella storia assume il ruolo dell'intruso, che con la sua presenza non può far altro che danni, proprio come un amante farebbe con qualsiasi coppia, che essa sia etero o omosessuale.


Il film è stato molto apprezzato dalla critica ed ha vinto numerosi premi, tra i quali il Teddy Awards al Festival internazionale del cinema di Berlino, e i Golden Globe come miglior film e miglior attrice per Annette Bening.
"Ognuna delle mie mamme ha avuto un figlio col tuo sperma." (Joni)
"Non è il loro padre, è il nostro donatore di sperma!" (Nic)
"Non penso che voi due dovreste lasciarvi. Siete troppo vecchie." (Laser)

domenica 8 marzo 2015

Modern Family


Mitch e Cam sono indiscutibilmente la coppia omosessuale più amata del piccolo schermo, e tutto il merito va a Christopher Lloyd e Steven Levitan, i creatori della serie comedy più apprezzata da pubblico e critica: Modern Family.
Girata con la forma del falso documentario, la serie racconta le vicende di tre nuclei familiari che rappresentano la “nuova famiglia tipo” americana. A capo di queste famiglie c'è il patriarca Jay Pritchett, sposato con la giovane moglie colombiana Gloria e patrigno di Manny, figlio che Gloria ha avuto dal primo matrimonio. Alla quarta stagione Jay e Gloria avranno un figlio loro, Joe. Poi c'è la seconda famiglia, quella composta da Claire (figlia di Jay), Phil e i loro tre figli, Haley, Alex e Luke. Infine c'è la famiglia composta da Mitchell (figlio gay di Jay), dal suo compagno Cameron e da Lily, la bimba vietnamita che hanno adottato.


Anche se a volte un po' troppo stereotipati, il perfezionista Mitchell e la drama queen Cameron sono diventati un punto di riferimento per tutta la comunità LGBT, tanto da essere usati come esempio positivo nella campagna di sensibilizzazione per la parificazione dei matrimoni omosessuali ed eterosessuali del 2013. A tal proposito, la produzione di Modern Family aveva promesso ai suoi fan che se la California avesse legalizzato i matrimoni gay Mitch e Cam avrebbero pronunciato il fatidico sì. Un mese più tardi la Defence of Marriage Act venne abolita e gli autori celebrarono l'evento inserendo una proposta di matrimonio nella première della quinta stagione. L'attesissimo scambio di anelli, tanto desiderato perfino dagli affezionati della serie più tradizionalisti e conservatori, è un avvenimento così importante che gli sono state dedicate le ultime due puntate della stagione.
Inoltre, grazie ai ruoli di Mitchell e Cameron molti adolescenti gay hanno avuto il coraggio di dichiarare la loro omosessualità ai propri genitori, dopo aver visto quest'ultimi affezionarsi ai due eccentrici personaggi. Questa è l'ennesima prova che, se usata bene, l'intrattenimento televisivo può cambiare le cose in meglio.


Matrimoni multiculturali e gay, adozioni, famiglie allargate, sono argomenti attuali e realistici che uniti alla simpatia dei personaggi hanno determinato il successo di Modern Family, che ad ogni edizione degli Emmy Awards fa incetta di premi. Da non dimenticare, poi, che fa anche ridere!


giovedì 5 marzo 2015

L'amore non ha etichette


Love Has No Labels è la nuova pubblicità progresso realizzata da Ad Council, l'organizzazione americana no profit che si occupa di sensibilizzare la società su temi importanti, come la lotta alla discriminazione.
Lo spot è stato girato il giorno di San Valentino, festa degli innamorati, in una città costiera degli Stati Uniti. Nel video l'attenzione dei passanti è rivolta all'enorme schermo a raggi X dietro il quale delle persone si baciano, si abbracciano e ballano. Da dietro a quello schermo sono tutti uguali, semplici scheletri, ed è impossibile capire se, ad esempio, quella coppia che si sta baciando sia composta da una ragazza e un ragazzo, o da una ragazza e una ragazza, o da un ragazza nera e un ragazzo asiatico, oppure da una perfetta persona sana e un portatore di handicap. L'unica cosa che traspare è l'amore, che non ha razza, età, religione e sessualità.


Il video, che a due giorni dalla pubblicazione ha già raccolto milioni di visualizzazioni, è accompagnato da questo messaggio:
"Mentre la stragrande maggioranza degli americani si considera senza pregiudizi, molti di noi, senza volerlo, esprimiamo giudizi sulle persone sulla base di ciò che vediamo, che si tratti di razza, età, sesso, religione, sessualità, o disabilità. Questo può essere il motivo per cui molte persone negli Stati Uniti si sentono discriminati. Il "pregiudizio implicito " può compromettere il modo in cui interagiamo con altri che sono diversi da noi. Si può ostacolare la capacità di una persona di trovare un lavoro, ottenere un prestito, affittare un appartamento, o di ottenere un processo equo, perpetuando le disparità nella società americana. La campagna L'amore non ha etichette ci sfida ad aprire gli occhi sulla nostra parzialità e sui nostri pregiudizi, che dobbiamo eliminare per far sì che non ci siano più discriminazioni."
Il messaggio è rivolto ai cittadini americani, ma è indirizzato a tutto il mondo.



mercoledì 4 marzo 2015

La Slovenia legalizza i matrimoni e le adozioni gay


La Slovenia è l'undicesimo paese europeo, e il ventunesimo del mondo, a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso, garantendo alle coppie gay gli stessi diritti delle coppie eterosessuali sposate, sia dal punto di vista giuridico che economico e sociale. Tra i diritti c'è anche quello dell'adozione.

Il decreto, proposto dal partito Sinistra Unita e sostenuto dal Partito del Centro Moderno e dal Partito Socialdemocratico, è stato approvato con 51 voti a favore e 28 contrari. Ad opporsi alla legge sono stati i parlamentari del centro-destra (Partito Democratico e Nova Slovenija) che si mobiliteranno per raccogliere le 40 mila firme necessarie per avviare un referendum abrogativo, minaccia che non sembra preoccupare la maggioranza dato che dagli ultimi sondaggi risulta che il 60 per cento della popolazione sia favorevole ai matrimoni gay.

La norma dovrà essere firmata dal presidente della repubblica, dopodiché entrerà in vigore dopo sei mesi.
Da quanto riporta Arcigay Trieste potranno contrarre il matrimonio anche le coppie gay senza cittadinanza né residenza in Slovenia.

lunedì 2 marzo 2015

Transgenderismo / Disturbo dell'identità di genere / Icone Transgender


Il transgenderismo è un movimento culturale nato negli Stati Uniti intorno agli anni 80/90 che legittima tutte le forme di espressione della sessualità, svincolata dalla distinzione biologica maschio/femmina. Questa è la definizione che si trova nel dizionario, molti, però, ancora non hanno capito chi è un/una trangender e utilizzano questo termine in modo errato. Per farla semplice, i transgender sono coloro che hanno un disturbo dell'identità di genere (DIG), ossia si identificano nel sesso opposto a quello biologico, indipendentemente dall'orientamento sessuale. Nello specifico fanno parte della categoria transgender: i transessuali operati e non completamente operati; i crossdresser (persone che indossano alternativamente vestiti associati al genere opposto a quello biologico, sia in privato che in pubblico); e i genderqueer (appartenenti al terzo sesso, cioè si identificano sia in un uomo che in una donna).

Chiarito il concetto di transgender, c'è un'altra amletica domanda che tormenta i più: che declinazione si deve usare quando ci si rivolge ad un/una transgender, al maschile o al femminile? Chi ha un po' di rispetto per queste persone sa già che deve rivolgersi a loro nel genere in cui si sentono far parte, perciò alle MtF (acronimo che indica una persona che effettua una transizione con il suo corpo da maschio a femmina) ci si rivolge usando termini declinati al femminile, mentre agli FtM (acronimo che indica una persona che effettua una transizione con il suo corpo da femmina a maschio) ci si rivolge usando termini declinati al maschile.

Sebbene il movimento culturale sia nato recentemente, il disturbo dell'identità di genere è sempre esistito. Nel XIX secolo la persona che presentava questo tipo di disforia veniva sottoposta a cure psichiatriche e ormonali nel tentativo di eliminare il disturbo. Questi trattamenti non solo erano inefficaci, ma umiliavano i pazienti a tal punto da costringerli al suicidio. Solo dopo il 1960 si è capito che l'unico modo per "curare" queste persone non è costringerle a vivere in un corpo nel quale non si trovano a proprio agio, bensì aiutarle a transitare nel sesso in cui si sentono di appartenere attraverso terapie endocrinologhe e/o chirurgiche.

In Italia, dove a soffrire di DIG sono in 50 mila, la procedura standard per il cambio di sesso dura anni e prevede innanzitutto una diagnosi psichiatrica di disforia di genere. Solo in seguito ci si può rivolgere all'endocrinologo per la terapia ormonale e sottoporsi a trattamenti estetici-chirurgici. Finito il trattamento ormonale, secondo la legge 164 del 1982, si può chiedere al Tribunale l'autorizzazione agli interventi chirurgici di conversione sessuale, quindi chiedere il cambio di stato anagrafico.

Per i transgender cambiare i propri dati anagrafici è di vitale importanza. Senza non potrebbero sposarsi e adottare, ma anche lavorare e fare cose semplici come ritirare una raccomandata alla posta o viaggiare su un aereo risulta problematico. E' per questo motivo che la maggior parte dei transessuali, seppur non intenzionati a cambiare gli organi genitali di nascita, si sentono costretti dallo stato italiano a sottoporsi alla conversione sessuale. O almeno era così fino al mese scorso, quando il Tribunale di Messina ha concesso ad uno studente con disforia di genere di cambiare sesso sui documenti senza intervento chirurgico. Questo episodio fa ben sperare tutta la comunità trans, che da anni rivendica il diritto di cambio sesso senza l'obbligo di "demolizione chirurgica".

Ma chi è stato il primo transgender della storia?

Secondo gli storici il primo transgender di cui si ha testimonianza è il liberto Sporo. Nell 66 d.c. l'imperatore romano Nerone provocò la morte della moglie incinta Poppea, dandole un calcio all'addome. Distrutto dal rimorso ordinò di trovare qualcuno il cui volto assomigliasse a quello della bellissima Poppea. Quel qualcuno era Sporo, che venne castrato e trasformato in donna. Nerone fece di Sporo sua moglie, dandole perfino il titolo di Augusta.

Lili Elbe

Ma la prima ad essersi sottoposta ad un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale fu la danese Lili Elbe, nata maschio sotto il nome di Mogens Einar Wegener. Dopo anni di crossdressing, nel 1930 Lili si recò in Germania per sottoporsi all'intervento chirurgico per la conversione sessuale, all'epoca ancora sperimentale. Il sessuologo berlinese Magnus Hirschfeld la sottopose a cinque operazioni in meno di due anni, nel quale le rimosse i testicoli e il pene, e le trapiantò ovaie e utero. Lili morì nel settembre del 1931 a causa di complicazioni dovute al rigetto dell'utero impiantato.

La prima operazione chirurgica di cambio di sesso terminata con successo è quella che ha permesso all'americano George William Jorgensen Jr di diventare Christine Jorgensen. Il suo fu un vero caso mediatico che scandalizzò il mondo intero, in particolare la puritana America degli anni '50. Christine, nome scelto in onore del chirurgo danese Christian Hamburger che eseguì l'operazione, negli anni settanta/ottanta girò i campus universitari per raccontare la sua esperienza e sensibilizzare l'emarginazione dei transessuali. Ancora oggi, a più di 25 anni dalla sua morte, è considerata la più grande icona transgender.
Christine Jorgensen


Roberta Cowell
In realtà non fu la Jorgensen, ma un'altra transessuale a sottoporsi per prima ad una vaginoplastica (precisamente un anno prima, il 15 maggio 1951), ossia l'aviatrice britannica Roberta Cowell, nata Robert Cowell. La prima operazione di falloplastica, invece, fu sottoposta a Laurence Michael Dillon nel 1946. Ci vollero ben 13 operazioni in tre anni per far sì che Laura Dillon diventasse a tutti gli effetti Michael Dillon, il primo FtM.


Michael Dillon

Altre icone transgender 

Coccinelle
Un'altra trangender del dopoguerra degna di nota è la bellissima Jacqueline-Charlotte Dufresnoy, conosciuta meglio con il nome d'arte Coccinelle. L'attrice e ballerina francese si operò a Casablanca nel '58, e nel '62 ottenne il cambiamento anagrafico che le consentì di regolarizzare il suo matrimonio con un giornalista. Il suo caso fece così scalpore che fino al 1978 nessun transessuale poté cambiare stato civile in Francia.

Non si può parlare di scandali senza citare l'ex modella inglese Caroline Cossey. Caroline, detta Tula, iniziò la terapia ormonale a 17 anni e subito dopo cominciò a lavorare come spogliarellista, esibendosi nei nightclub di Londra, Parigi e Roma, per risparmiare sull'operazione di cambio sesso, avvenuta nel 1974. Finalmente donna, intraprese la professione di modella, mantenendo però ben segreto il suo passato. Il 1981 fu un anno importante per la sua carriera: posò per la copertina di Playboy (la prima transgender a farlo) e fu chiamata per recitare nel dodicesimo film della saga James Bond "Solo per i tuoi occhi". Poco dopo il News of the World trascinò la Cossey in uno scandalo, scrivendo in prima pagina "James Bond Girl Was a Boy". Tula ne uscì così distrutta e umiliata che pensò di suicidarsi, ma poi decise di andare avanti e continuare con il suo lavoro di modella. Ha scritto due biografie: Sono una donna (1982) e La mia storia (1991).

Caroline Cossey "Tula"

Laverne Cox
Andreja Pejic
Le MtF più seguite e famose del momento sono sicuramente l'americana Laverne Cox, una delle protagoniste della meravigliosa serie Orange Is The New Black, e la modella bosniaca/australiana Andreja Pejić, che prima di sottoporsi all'intervento di riassegnazione sessuale, avvenuto nel 2014, era conosciuta come la crossdresser più ricercata dalle case e riviste di moda.

Thomas Beatie


Chi ha fatto parlare tanto di sé è Thomas Beatie. Conosciuto come "il mammo" o "l'uomo incinto", Beatie è un FtM che non si è mai fatto asportare l'apparato riproduttivo, cosicché ha potuto "affittare" il suo utero alla moglie Nancy, che di figli non ne poteva più avere. Thomas e Nancy hanno tre figli.





Transgender nostrane

Eva Robbin's
Vladimir Luxuria
Anche il Bel Paese ha le sue icone transgender, fra queste troviamo Eva Robbin's (che non ha mai completato la transizione al sesso femminile chirurgicamente), Maurizia Paradiso e Vladimir Luxuria. Quest'ultima, attivista, scrittrice ed ex politica, è stata la prima persona transgender ad essere eletta al parlamento di uno Stato europeo.





Da ricordare
In ricordo di Rita Hester, il 20 novembre viene celebrato il Transgender Day of Remembrance, evento  per commemorare le vittime dell'odio e del pregiudizio anti-transgender (transfobia).