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sabato 27 dicembre 2014

SPLENDORE di Margaret Mazzantini


La Mazzantini non è la prima venuta. E' una che sa scrivere, veramente. E quando scrive, scrive poesia. La Mazzantini fa parte di quegli autori che quando li leggi ti senti in dovere di strisciare fino ai loro piedi per chiedergli scusa se per sbaglio sei inciampato su una penna e un foglio bianco, usandoli, poi, per scarabocchiarci delle lettere che messe insieme hanno formato un mucchio di parole (insulse se paragonate alle loro). A questo proposito, scusa Margaret.
Splendore è un bel romanzo. Alcuni l'hanno criticato: troppo sofisticato, troppe figure retoriche, finale troppo duro, crudo e triste. Io sarei rimasta delusa se fosse stato diversamente.
Se è vero che gli opposti si attraggono Guido e Costantino, i protagonisti della storia, ne sono la prova: il primo proviene da una famiglia benestante, intellettuale, atea, moderna; il secondo arriva da una famiglia di proletari, quasi senza cultura, molto religiosa e dalla mentalità provinciale. Eppure tanta diversità non ha proibito loro di innamorarsi. Ci vorranno anni per arrivare al primo "ti amo", e ci vorranno ancora più anni (decenni) per arrivare ad "accettarsi" come coppia, ad essere loro stessi. E' a questo punto del romanzo che accade il dramma, che distruggerà tutto quello che i protagonisti avevano faticosamente costruito fino ad allora.
Il finale è triste? La vita è triste. O almeno, a volte sa essere davvero bastarda.

Di seguito le frasi che più mi sono piaciute e coinvolto:
E davvero accadde, e fu contro natura, e davvero vorrei sapere cos'è la natura, quell'insieme di alberi e stelle, di sussulti terrestri, di limpide acque, quel genio che ti abita, che ti porta a fronteggiare a mani nude le tue stesse mani e tutte le forze del mondo.
Allora fu natura, la nostra natura che esplose e trovò l'espressione più dolce e benevola. Ci trovammo. Come il vento che organizza il mondo, lo rade al suolo e lo riedifica lentamente. Constantino non voleva, neppure io volevo, almeno così credo di ricordare. Ma cosa so io, che poi la vita e il suo desiderio non abbiano contraddetto? Dolcemente caddero i suoi abiti come armature che si liquefanno. I suoi ruvidi vestimenti di ragazzo. Lui grosso, io magro, lui povero, io figlio di misera gente benestante. Mi guardò, i suoi occhi parevano cadere, appartenuti a molti altri uomini prima di lui, soldati morti in battaglia, monaci, assassini, eremiti. E adesso solo i suoi.
-Ti amo - dissi, - ti amo.
-Anch'io ti amo, Guido, da sempre.
Stupiti ci sollevammo in quel cielo di plastica arancione, ci piegammo come uomini sulle messi e raccogliemmo il nostro grano in quell'immenso splendore.

Io e Costantino non avremmo mai potuto avere un figlio nostro. Gli uomini non possono fare figli. Era un pensiero assurdo, eppure era il solo che riuscivo a generare. Sapevo che l'unica persona al mondo con la quale avrei desiderato fare un figlio era lui. Quella privazione alla quale non avevo mai pensato adesso definiva la mia omosessualità. E mi sembrava di accogliere un urlo molto più profondo, l'impotenza di tutti gli uomini che fanno l'amore e sanno che il loro orgasmo non potrà mai fecondare la creatura che amano.

Vieni Costanti', lo senti, tutto tace. La vita non ci ha cavato niente, e se anche c'ha cavato tutto, tutto ci rende stasera. E' questa normalità che tanto c'è mancata, questa la quiete che tanto desideravamo. Siamo una coppia, vedi. Possiamo esserlo. Chi ci sputerà in terra, chi dal cielo? Il tuo Gesù Cristo? Ma quello è nostro anche lui. Che ci fa con tutti quegli angeli, e perché sono maschi, ma non hanno sesso?

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